Quello intorno alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina non è un dibattito tecnico: è una scelta di visione. Se vogliamo che la Sicilia cresca davvero, bisogna investire dove si generano valore e connessioni: ovvero su porti, aeroporti cargo, ferrovie moderne e strade funzionali. Il ponte sullo Stretto è un simbolo; lo sviluppo è una rete.
Circolazione delle merci: la spina dorsale è il mare, non un ponte
La retorica secondo cui il ponte favorirebbe il traffico merci ignora, infatti, l’ossatura reale della logistica. Il 90% del commercio estero dell’UE e oltre il 40% del commercio intracomunitario avvengono via mare. Ogni anno nei porti europei giungono 3,5 miliardi di tonnellate di merci e 350 milioni di passeggeri. Gli addetti che operano nei porti o nei servizi correlati sono circa 350 000 e contribuiscono a creare un valore aggiunto pari a circa 20 miliardi di euro (fonte: COMMISSIONE EUROPEA, “Libro verde: Verso la futura politica marittima dell’Unione: oceani e mari nella visione europea”, 07-06-2006).
I dati globali più recenti confermano il quadro: il commercio via mare è aumentato del 2,2% a 12,3 miliardi di tonnellate nel 2023 e crescerà del 2,4% al 2024 e del 2,6% al 2025. Il commercio marittimo globale, consolidando il dato, continua a rappresentare la cinghia di trasmissione del trade internazionale per un valore di oltre 14mila miliardi di dollari. I trasporti marittimi e la logistica valgono circa il 12% del PIL globale (fonte: 11° Rapporto Annuale Italian Maritime Economy 2024 di Intesa San Paolo).
L’Italia è tra i maggiori esportatori a livello mondiale; è sesta in classifica dopo Cina, Stati Uniti, Germania, Olanda e Giappone. I porti italiani rappresentano uno strumento a sostegno del sistema industriale, ne supportano l’internazionalizzazione dato che il 28% dell’import/export in valore e il 50% in quantità (dati al 2023) utilizza la nave (fonte: 11° Rapporto Annuale Italian Maritime Economy 2024 di Intesa San Paolo).
Ancora qualche dato, in relazione agli altri mezzi di trasporto: nel 2023, circa il 67,4% delle merci trasportate all’interno del territorio dell’Ue è stato spostato lungo le vie d’acqua. Il 23,5% è stato trasportato lungo le strade, mentre appena il 5,5% sulle ferrovie (fonte: analisi dei dati sulla divisione modale del trasporto merci pubblicati da Eurostat. Analisi a cura de Il Sole 24 ORE).
Osservatori italiani sulla portualità confermano questa centralità del mare nelle catene del valore e nella competitività dei sistemi locali, con un focus su rotte, noli e flussi che mettono i porti al centro della filiera. Secondo l’indagine della Banca d’Italia sui trasporti internazionali di merci relativa al 2023, l’incidenza dei costi di trasporto sul valore delle merci esportate e importate dall’Italia è significativamente diminuita, rispettivamente al 2,5 e 3,7 per cento. Il miglioramento è principalmente legato al calo dei costi medi ed è quasi esclusivamente concentrato nel comparto navale.
Il ponte sullo Stretto non intercetta i flussi principali dell’economia globale: è investendo sul mare che si vince la partita dei costi e dell’efficienza.
Proposta: hub portuale integrato e aeroporti cargo dedicati
Se il fine, come si dice da più parti, è lo sviluppo reale della Sicilia la via maestra è investire su porti, aeroporti cargo, ferrovie moderne e infrastrutture stradali funzionali e interoperabili.
Serve puntare sui porti di Palermo, Messina e Catania, trasformandoli in hub del Mediterraneo con fondali adeguati, banchine moderne, servizi per catene del freddo (“cold chain”), infrastrutture intermodali ferro-gomma, digitalizzazione doganale e logistica integrata. Un porto efficiente abbassa tempi e costi: rende competitiva l’economia e attrae traffico e quote di mercato verso gli scali meglio attrezzati. La letteratura SRM lo conferma.
Bisogna, inoltre, dotare l’isola di aeroporti cargo dedicati alle merci ad alto valore e urgenza. Esistono già progetti che dimostrano come questa strada sia percorribile. In particolare, la Commissione europea ha approvato 47 milioni di euro per l’area cargo di Comiso, riconoscendo il progetto come infrastruttura strategica compatibile con gli aiuti di Stato. Anche il recente incremento di traffico di passeggeri a Comiso mostra che la scala operativa può crescere con investimenti mirati e rotte ben disegnate, prerequisiti per sviluppare il cargo. È la direzione giusta per creare capacità aerea nella logistica.
Combinare questo con lo sviluppo di connessioni rapide con ferrovie e strade adeguate a raggiungere l’entroterra, investire nella digitalizzazione doganale e nei corridoi logistici significa creare un sistema competitivo su scala internazionale.
Solo così si potrà trasformare la posizione strategica geografica della Sicilia in un volano reale di sviluppo, capace di generare lavoro, aumentare il commercio internazionale, attrarre investimenti e rilanciare l’economia. L’isola è già al centro del Mediterraneo. Manca la rete per farlo diventare un vantaggio economico.



