• Il cantiere permanente: come stanno le strade siciliane

    Il cantiere permanente: come stanno le strade siciliane

    Come è noto a chiunque, siciliano e non, che abbia mai attraversato le strade della nostra isola, le infrastrutture viarie della Sicilia sono per la gran parte tenute in ostaggio da una sconfinata serie di cantieri dalla durata indefinita. Lavori in corso emergenziali con data di fine “mai”, che fanno perdere tempo – e pazienza – a milioni di automobilisti tutti i giorni.

    Un «piccolo sacrificio» – come lo ha definito il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, durante la conferenza stampa indetta a seguito dei gravi disagi arrecati agli automobilisti la sera del 2 giugno – che i siciliani devono accollarsi per avere in cambio strade degne di questo nome¹1.

    Il problema è che il sacrificio – anche a volerlo chiamare così – non è piccolo per niente. Basti dare un semplice sguardo alla mappatura dei cantieri in corso d’opera sul sito ufficiale di ANAS per farsi un’idea della mole di chiusure e deviazioni per lavori ad oggi presenti nella nostra isola. 

    La situazione attuale 

    ANAS in Sicilia gestisce 3.908 km di strade di diverso genere. Ad oggi risultano all’attivo ben 190 interventi di manutenzione lungo le infrastrutture stradali siciliane gestite dall’azienda. La quota dei lavori in corso sale invece a 204 se vengono prese in considerazione le nuove opere in realizzazione.

    Un quantitativo mastodontico di interventi, che interessano soprattutto la manutenzione ordinaria, e che per altro non comprendono i lavori sulle autostrade a gestione privata come la Palermo-Messina.

    La presenza di tutti questi cantieri è certamente dovuta a quanto non è stato fatto in passato. Ciò che maggiormente è mancato alle infrastrutture stradali siciliane sin dalla loro realizzazione, infatti, è un attento e periodico lavoro di sistemazione, così da poter evitare azioni lunghe e costose una volta sopraggiunta l’emergenza. La negligenza delle amministrazioni succedutesi nei decenni è stata la principale causa del forte deterioramento delle nostre strade e autostrade.

    Il caso della A19 e gli investimenti di ANAS in Sicilia

    Il caso più emblematico e discusso nell’ultimo periodo è stato quello dei lavori lungo la A19, che hanno creato non pochi disagi agli automobilisti, generando incolonnamenti chilometrici e ore di attesa al volante sotto il sole cocente dell’estate.

    Ad affiancare il presidente Schifani nella conferenza stampa indetta a Palazzo D’Orleans dopo l’apice dei disagi raggiunto il 2 giugno vi era anche l’Amministratore Delegato di ANAS, Claudio Gemme, che non ha esitato nel dire che i lavori in corso d’opera sulla A19 sono i primi concreti lavori di manutenzione che riceve l’autostrada dalla sua realizzazione, avvenuta più di mezzo secolo fa. Un’affermazione che pesa come un macigno per i siciliani, che l’AD dell’azienda partecipata dello Stato ha tentato di far passare in secondo piano sottolineando gli ingenti investimenti che adesso ANAS sta riservando alle  autostrade siciliane. 

    Attualmente, il piano di ANAS sulla A19 prevede ben 64 interventi di ammodernamento e manutenzione, con un investimento di 913,5 milioni di euro. Di questi soldi finora sono stati impegnati circa 512 milioni di euro, di cui 88 milioni corrispondono alla cifra spesa per i lavori ultimati. 

    «Numeri importanti – dichiara Gemme – che raffigurano un impegno enorme profuso in Sicilia».

    Affermazioni senza dubbio altisonanti, ma che comunque non sono bastate a cancellare le perplessità dei siciliani, e neanche del Presidente Schifani stesso. In una recente nota, infatti, il presidente ha dichiarato: «è importante capire se queste disposizioni siano state effettivamente messe in pratica e con quali risultati, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dei disagi agli utenti e il rispetto dei tempi previsti per il completamento delle opere».

    Prontissima la risposta di ANAS, che in una nota di risposta ha confermato come la turnazione h24 nei cantieri più critici della A19 sia stata avviata, e che «permetterà di restituire l’opera alla collettività in notevole anticipo rispetto ai tempi previsti».

    Il battibecco è poi continuano nei giorni successivi trovando poi la sua conclusione in una chiamata riconciliatoria tra le due parti. Ciò che è rimasto però è il costante disagio che gli automobilisti hanno avvertito all’altezza del cantiere di Bagheria, che solo recentemente hanno trovato pace vedendo l’interruzione di questo cantiere anticipata rispetto alla data prevista (28 luglio). L’opera resta dunque ad oggi incompiuta, e per la sua ultimazione bisognerà aspettare la ripresa dei lavori fissata a settembre.

    Quale futuro per le autostrade siciliane?

    Questo caso però ci fa porre numerose domande: tutto ciò non era ampiamente prevedibile? L’apertura dei cantieri – inizialmente gestita in maniera ordinaria, anche in tratti dove si è era ben consci che la viabilità ne avrebbe risentito – non poteva essere gestita diversamente? Perché per anni le infrastrutture siciliane non hanno ricevuto i dovuti lavori di manutenzione ordinaria, portando il loro deterioramento alle condizioni drastiche a cui oggi siamo tristemente abituati?

    Tutti quesiti che convergono forse in un’unica domanda: lo Stato italiano considera necessario che i siciliani abbiano delle infrastrutture stradali degne di questo nome, o questo è l’ennesimo tassello del sottosviluppo funzionale a cui la Sicilia è da sempre stata condannata?

    Mentre il presidente Schifani ed ANAS hanno tutto il tempo a disposizione per poter litigare e fare la pace, da parte del Governo italiano non sembrerebbe esserci il minimo interesse sul tema. 

    Sembra infatti che il governo centrale si interessi alle infrastrutture stradali siciliane solo quando si apre la pagina sul ponte sullo Stretto di Messina, opera che il governo Meloni è determinato a rendere strategica anche sotto il punto di vista militare, in modo da poter rientrare più agevolmente nel 5% del PIL imposto dalla NATO.

    Per lo Stato italiano le infrastrutture siciliane non sono altro che un mezzo di propaganda, da tirar fuori quando fa comodo salvo poi rimettere la questione in un cassetto. A pagarne le spese, ancora una volta, è il popolo siciliano, in barba al diritto alla mobilità.

    Note:

    1. Redazione ANSA, Il 90% dei lavori sulla Palermo-Catania conclusi entro il 2026 in «ANSA», 5 giugno 2025. ↩︎

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