Da qualche settimana è in corso, presso l’Università degli Studi di Palermo, il ciclo di seminari “100 anni di Frantz Fanon: contro e oltre i colonialismi”, dedicato alla figura del rinomato psichiatra, militante e intellettuale, che ha fornito strumenti essenziali per comprendere la violenza coloniale, assumendo così un ruolo fondamentale nella critica al colonialismo e nella costruzione di prospettive postcoloniali.
La realizzazione dei vari incontri nasce dalla volontà del Laboratorio Studentesco Autonomo, un collettivo di studenti che ogni giorno si impegna per trasmettere un nuovo modo di vedere e vivere gli spazi universitari. Gli studenti hanno avvertito, in questo periodo storico, la necessità di affrontare con animo critico e di divulgare gli studi dell’intellettuale, per acquisire non solo nozioni astratte, ma anche mezzi fondamentali per affrontare il contesto in cui viviamo.
Frantz Fanon nasce nel 1925 a Fort-de-France, capitale della Martinica, all’epoca colonia francese. La sua vita e il suo pensiero cambiano drasticamente durante gli avvenimenti di un periodo storico significativo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, le truppe della marina francese rimasero bloccate in Martinica e i soldati diedero sfogo ai sentimenti più razzisti e a percezioni discriminatorie, figlie di un rapporto coloniale di prevaricazione. Per Fanon, tuttavia, la rottura netta e l’inizio di un percorso di contro-soggettivazione avvengono solo con il trasferimento in Francia; qui egli si rende conto che l’identità del suo popolo non corrisponde a quella dei coloni, comprendendo così di non essere francese.
Quando si trasferisce in Algeria come psichiatra si occupa di analisi sia sui soggetti colonizzati che sui coloni torturatori. È in questo momento che inizia a dedicarsi alle sue opere, entrando in contatto con una realtà coloniale in movimento, nel pieno della lotta che avrebbe portato all’indipendenza.
Una delle analisi fondamentali dei suoi scritti descrive come il dominio coloniale agisca anche sul piano culturale e mentale. Il colonizzato interiorizza un senso di inferiorità, generato dalla spietata cancellazione culturale e dal totale disprezzo della propria identità, attraverso un meccanismo perverso che ha l’obiettivo di allontanare un popolo dalle proprie radici, creando un consenso generale alla sottomissione. Una visione interiorizzata e normalizzata che porta la parte sottomessa a credere di non poter vivere e progredire senza la “madrepatria”, ritrovandosi costretta ad emulare i suoi valori e la sua identità, considerata portatrice di civilizzazione, anziché causa della distruzione di una terra e dei valori di un popolo. Parole che, a pensarci bene, si riflettono tutt’oggi in moltissimi contesti, sia in scenari europei che nel resto del mondo.
Anche all’interno dello Stato italiano è possibile riscontrare dinamiche coloniali analoghe, basti pensare alla nostra storia: la Sicilia è una terra da sempre sfruttata per le sue risorse, la cui annessione al Regno di Sardegna è stata funzionale alle casse e allo sviluppo del Nord Italia.
È evidente il processo di cancellazione culturale su cui Fanon scriveva tanto: un processo che investe l’identità di un popolo nella sua interezza, dalle tradizioni popolari alla lingua, fino alla distorsione o alla censura della sua storia.
Noi crediamo di essere dipendenti da uno Stato che, invece, ci deruba e ci priva di risorse, anche culturali. La lingua siciliana è associata a stereotipi negativi, diventata sinonimo di criminalità e arretratezza, e la nostra storia viene spesso ignorata nei programmi scolastici. Si perpetua così una narrazione falsa sul nostro popolo, considerato, proprio come scrive Fanon, incapace di civilizzarsi senza l’assistenza dello Stato centrale.
Nonostante le forme di colonialismo siano diverse, molte nazioni senza Stato continuano a portare avanti istanze indipendentiste. Numerosi sono gli esempi nel contesto europeo: la Catalogna in Spagna, la Scozia nel Regno Unito, la Corsica in Francia, fino alla lotta storica del popolo irlandese per la nascita della Repubblica d’Irlanda. Questi sono solo alcuni dei casi più emblematici, ma non certo gli unici.
Frantz Fanon ci lascia un pensiero ancora oggi potentissimo: ci offre gli strumenti per smascherare le forme attuali di razzismo, colonialismo culturale e disuguaglianza. La sua riflessione sull’identità e sulla psiche del colonizzato non è solo storica, ma profondamente attuale. L’eredità intellettuale di Fanon ci spinge alla presa di coscienza e all’azione. Le sue parole sono un monito per tutti noi a prendere posizione nella lotta contro l’oppressione: ‹‹Ogni generazione deve, in una relativa opacità, scoprire la sua missione, compierla o tradirla›› (I dannati della terra, Franz Fanon).