• «Ieri osavamo lottare: oggi osiamo vincere» Calcio e identità in Irlanda del Nord

    «Ieri osavamo lottare: oggi osiamo vincere» Calcio e identità in Irlanda del Nord

    Ci sono campi da calcio, club, derby e tifoserie la cui importanza travalica il mondo calcistico e acquista un peso politico e sociale. In Irlanda del Nord lo scontro non rimane circoscritto in quel rettangolo verde e non dura solo 90 minuti, ma coinvolge la vita di tutti i giorni. Le rivalità presenti sugli spalti riflettono infatti le divisioni interne alla società nordirlandese; i club unionisti, storicamente legati alla corona inglese, si contrappongono a quelli repubblicani, che rivendicano l’unità della nazione irlandese e la liberazione dal dominio coloniale britannico.

    L’esempio più famoso di questa contrapposizione lo troviamo a Glasgow, in Scozia, dove il derby si tramuta nello specchio della società. L’Old Firm, “il vecchio affare”, mette di fronte Celtic e Rangers. Il Celtic F.C., fondato nell’East End della città, il quartiere proletario abitato dagli immigrati irlandesi in fuga dalla carestia, dall’oppressione britannica e dall’egemonia protestante. Il Rangers F.C., nato nel West End, raccoglie l’identità culturale Scoto-Ulsteriana e protestante. Ad ogni derby cori, coreografie e simboli sugli spalti raccontano la storia della convivenza tra due comunità in costante scontro tra loro.

    La città di Derry è il simbolo del dualismo che la storia dell’Irlanda ha impresso sulle persone e sul territorio. A Derry, per i repubblicani irlandesi, o Londonderry, per i lealisti, il fiume Foyle è un confine naturale che divide i quartieri in cui vivono le due comunità. Città a maggioranza repubblicana, è lì che nacquero i movimenti per i diritti civili e lì vennero più fortemente repressi durante l’evento forse più famoso ed emblematico della storia dei Troubles, il Bloody Sunday.

    È proprio in questo contesto che nel 1928 nasce il Derry City F.C., squadra simbolo della comunità repubblicana e unica a giocare – a partire dagli anni Ottanta – nel campionato irlandese e non in quello dell’Irlanda del Nord. La sua storia, come quella della comunità a cui appartiene, è una storia di repressione e rivolta, che rispecchia la gestione politica, sociale e amministrativa delle sei contee nordirlandesi.
    Così, quando nel 1965 il Derry City divenne campione d’Irlanda del Nord, la discriminazione, la povertà e le difficoltà di tutti i giorni scomparvero per un istante: la comunità repubblicana aveva prevalso sul mondo unionista, dando a quella vittoria un significato ben più alto di una semplice soddisfazione in ambito sportivo. Il Derry City era la prima squadra a vincere un campionato dopo la scomparsa del Belfast Celtic, scioltosi a causa dell’insostenibilità delle violenze subite da parte delle tifoserie avversarie, lasciando la città di Belfast e la comunità repubblicana tutta senza un club di riferimento.

    Ma la storia calcistica nordirlandese ci racconta che le realtà legate ad ambienti repubblicani, una volta in auge, iniziarono ad avere seri e grossi problemi. Approdati alla Coppa dei Campioni nello stesso anno, la federazione nordirlandese dichiarò lo stadio del club, il Brandywell, non idoneo alle competizioni europee, impedendo al Derry City F.C. di giocare la gara di ritorno in casa. Un veto ingiusto e ingiustificato, che causò la squalifica d’ufficio della squadra dalla Coppa dei Campioni. Il calcio fece da specchio e da preludio ai turbolenti eventi della storia. La violenza fu “amministrativa” negli stadi così come “amministrativa” era la violenza tramite la quale la comunità repubblicana irlandese veniva esclusa dalla vita sociale dello Stato. Mentre ogni partita disputata contro club legati ad ambienti unionisti divenne innesco di disordini e violenze inaudite protette dalle forze di polizia, il Derry City veniva accusato di favoreggiamento e accostato all’esercito repubblicano irlandese. Il Brandywell venne etichettato come zona pericolosa per club e sostenitori unionisti e dichiarato dunque inutilizzabile per disputare le partite, mentre gli stadi collocati in aree unioniste non subirono alcuna misura cautelativa o restrittiva.

    Il 1972, l’anno del Bloody Sunday, segna anche la fine del Derry City F.C. come entità calcistica nordirlandese. La società non riusciva infatti più a mantenere i costi delle trasferte continue a causa dell’impossibilità di utilizzare il suo stadio, e anche le tifoserie si erano stancate di doversi recare fuori porta per ogni partita, facendo calare incredibilmente gli introiti della società. Quella del Derry City è una storia di repressione, ma anche di rivolta. La società, dopo 13 richieste di riammissione al campionato nordirlandese andate a vuoto, indirizzò le proprie speranze nella lega calcistica irlandese, facendovi il proprio ingresso nel 1985. Anche in questo caso, l’ingresso nella League of Ireland era qualcosa in più di una conquista calcistica: il Derry City F.C. aveva sconfitto la federazione calcistica dell’Irlanda del Nord, rivoltandosi al volere dell’establishment di Belfast e riscattandosi dal ruolo minoritario al quale il calcio nordirlandese voleva relegare il club.

    Una storia quindi di calcio, repressione e rivolta, che ci racconta come in Irlanda del Nord la vera battaglia non dura solo 90 minuti, non è solo su un campo da calcio, ma continuerà fino alla pacificazione tra le due comunità e la fine dell’oppressione coloniale inglese.

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