È notizia recente che il pozzo Gemini 1 potrà essere convertito in breve tempo da esplorativo a pozzo di produzione. Si tratta dell’ultimo atto del processo di trasformazione delle coste agrigentine da risorsa per il settore ittico locale ad hub di estrazione energetica.
L’avvenimento non giunge di certo inaspettato. L’idea di conversione di Gemini 1 era già emersa nei mesi scorsi, con la perforazione con esito positivo avvenuta nel 2024. Da lì in poi si è delineato l’obiettivo di avviare la produzione non appena ottenute tutte le autorizzazioni necessarie.
La formalizzazione arriva con la Delibera n. 2 del 16 gennaio 2025 da parte della Giunta Regionale, in cui viene approvato il progetto definitivo per la conversione del pozzo e la posa della condotta sottomarina necessaria per il collegamento alle infrastrutture esistenti del campo Argo-Cassiopea. Per la fine di giugno dell’anno corrente, erano già partite le attività preliminari per la messa in produzione di Gemini.
Pare proprio che la nostra isola stia già venendo spremuta fino all’osso per aumentare la produzione di gas. Le stime del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica parlano di una produzione annua del solo Argo-Cassiopea a pieno regime di circa 1,6-2 miliardi di SM^3. Cifre esorbitanti se si pensa che la gran parte del gas non è destinata al consumo siciliano, ma alla distribuzione in Italia e alla rivendita internazionale.
Oltre il danno, anche la beffa. A patire le conseguenze economiche ed ambientali, infatti, non è di certo Eni, ma il comparto ittico siciliano già in grave crisi economica. Mentre il grande colosso energetico continua a generare fatturati stellari, ai comuni viene riconosciuto a malapena il 30% del totale delle royalties – si rimanda a tal proposito all’editoriale “La Sicilia e le royalties: cronistoria di una predazione” – e ai siciliani colpiti dall’inquinamento marittimo e dalle interruzioni delle attività di pesca, non rimane nulla di fatto.
Bisogna pretendere che le nostre ricchezze non vengano più sfruttate per il profitto di multinazionali che continuano da decenni a sfruttare e danneggiare la nostra terra. La Sicilia non può più essere trattata come una colonia energetica: servono tutele concrete per le marinerie, rispetto delle prescrizioni ambientali e certezza delle entrate per i nostri comuni.