Sabato 22 novembre a Caltagirone è stato ufficialmente presentato il Comitato di studi e ricerche per ricordare l’ottantesimo anniversario della battaglia di Colle San Mauro.
Culmine dello scontro politico tra l’EVIS – l’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia – e lo Stato italiano, rappresenta un momento fondamentale della nostra storia recente, sebbene non se ne faccia alcuna menzione nei manuali scolastici e universitari.
Il Comitato nasce proprio con l’obiettivo di studiare e divulgare un episodio spartiacque nella lotta per l’autodeterminazione del popolo siciliano, attraverso la promozione di momenti di dibattito che si svolgeranno a partire dal prossimo 16 dicembre e andranno avanti per tutto il 2026. Abbiamo intervistato Massimo Porta, membro fondatore e Alfio Caruso (AC), coordinatore del comitato.
Qual è l’importanza della battaglia di Colle San Mauro?
Massimo Porta:
Di fatto, questa fu l’ultima epopea, l’ultima pagina dell’indipendentismo siciliano di quegli anni, perché a fronte della netta risposta dello Stato italiano la lotta per l’indipendenza venne arrestata. Siamo già alla fine del 1945, di lì a poco si sarebbe andati a Referendum per l’edificazione dello Stato repubblicano italiano. Perché è importante questa battaglia? Perché costringe lo Stato italiano e i partiti nazionali ad accelerare i tempi per concedere lo Statuto alla Sicilia. In questo modo si voleva ammorbidire la popolazione siciliana che entusiasticamente stava aderendo all’indipendentismo. Per questo la battaglia assume una grande importanza simbolica oltre che politica: è l’ultimo atto che costringe lo Stato italiano a fare delle concessioni ai siciliani per evitare la secessione, tradottesi nello Statuto d’autonomia.
L’obiettivo del Comitato consiste nel ridare centralità e dignità ad un pezzo di storia siciliana tanto importante quanto caduto nel dimenticatoio, abbattendo anche alcuni stereotipi che aleggiano sulle vicende di quegli anni.
Di quali stereotipi parla?
Massimo Porta:
All’altezza degli anni ‘40 buona parte della Sicilia aderisce entusiasticamente al separatismo, coinvolgendo giovani, intellettuali, contadini. Non è affatto vero che il movimento fu composto e trainato da un blocco agrario reazionario o addirittura dalla mafia. La lotta per l’indipendenza raccolse tanti umori, tante anime che faticosamente cercarono una sintesi. Gran parte del separatismo siciliano ebbe un carattere popolare e giovanile. Non a caso l’EVIS fu formato da giovani, da studenti.
Quali sono gli obiettivi di medio e lungo periodo del progetto?
Alfio Caruso:
La prima tappa è la costituzione di un centro di studi e ricerca, innanzitutto per far emergere dall’oblio tutto ciò che riguarda la storia di quel periodo, che è confuso, difficile da interpretare, ma che ha un filo rosso in quegli anni, dal ‘43 al ‘47, che riteniamo sia ancora da scoprire e da riportare alla luce.
Riteniamo anche che sia fondamentale far partecipare i giovani, che fortunatamente si stanno avvicinando al progetto. Abbiamo svolto e sono in programma diverse assemblee pubbliche, alle quali sia i ragazzi sia la cittadinanza stanno rispondendo in momenti davvero condivisi.
L’idea chiara è quella di costituire alla fine di tutto questo percorso un centro studi e di ricerche sulle autonomie, in grado di legarsi ad altri popoli europei in una situazione storica e sociale non così dissimile dai siciliani, come i catalani o gli scozzesi.



