• Difendiamo l’ospedale! Intervista a un membro del SOS Vittorio Emanuele di Gela

    Difendiamo l’ospedale! Intervista a un membro del SOS Vittorio Emanuele di Gela

    Il 19 febbraio i cittadini di Gela scenderanno in piazza per rivendicare il loro diritto alla salute.

    Proprio a Gela, una delle città più inquinate dell’isola, dove si registrano tassi di tumori e malformazioni neonatali altissimi, il nosocomio cittadino appare ormai una struttura in via di smantellamento. Stanchi di vedere le loro vite messe a rischio ogni giorno, i cittadini si sono riuniti in un comitato per chiedere che l’ospedale Vittorio Emanuele III ritorni a essere un presidio di qualità, che possa garantire a tutti i gelesi le cure di cui hanno bisogno.

    Abbiamo intervistato Luciana Carfì, promotrice del Comitato SOS Vittorio Emanuele III che ha appena concluso tre giorni di raccolta firme, in favore del presidio sanitario, portata avanti dal comitato.

    Quando, per mano di chi e perché nasce il comitato SOS Vittorio Emanuele? Cosa chiedete?

    Il Comitato SOS Vittorio Emanuele III di Gela nasce per volontà di un gruppo di cittadini, la gran parte dei quali aderiscono ad associazioni e movimenti del territorio, che per anni si sono occupati di salute e sanità oltre che di ambiente. L’idea è proprio quella di mettere insieme più associazioni e portare avanti una battaglia per l’ospedale di Gela.

    Noi chiediamo che vengano rispettati gli impegni che la Regione ha sottoscritto con appositi decreti. Un decreto del 2019 stabilisce per l’ospedale di Gela una pianta organica con un numero preciso di posti letto, medici e infermieri; ad oggi, invece, abbiamo visto un lento assottigliarsi di tutti i servizi presenti nell’ospedale, a partire dal pronto soccorso, che dovrebbe avere quindici medici e ne ha solo cinque. Abbiamo dovuto sopportare anche la chiusura della terapia intensiva – un momento di grande dolore ma anche rabbia, rispetto a un’amministrazione dell’ASP insensibile che considera le persone numeri e che ha trasferito sette pazienti gravi nel nosocomio di Caltanissetta per non spostare dei medici da lì. Ma questa è solo la punta di un iceberg che ha fatto esplodere la rabbia dei cittadini di Gela.

    Noi da anni accusiamo la mancanza di servizi in questo territorio e chiediamo il rafforzamento e le assunzioni, il completamento della pianta organica – prevista non da noi, ma dalla Regione e dall’Assessorato alla Sanità. Eppure, nel tempo abbiamo visto, anziché un miglioramento, un peggioramento.

    Quali sono le condizioni in cui versa il nosocomio? Da quanto tempo accusate la precarietà dei servizi offerti?

    Sono anni che l’ospedale di Gela subisce tagli e va incontro a una sorta di smantellamento. Ogni anno la situazione peggiora e oggi siamo arrivati ad avere buona parte dei reparti chiusi. Parliamo della terapia intensiva, che è stata chiusa con conseguente aggravamento delle condizioni delle persone che sono state trasportate in altri presidi; abbiamo un pronto soccorso che prevedeva quindici medici e altrettanti infermieri, ma allo stato attuale abbiamo solo cinque medici; medicina è stata chiusa per fare posto e spazio solo ai malati di Covid; chirurgia è stata chiusa più volte e adesso abbiamo solo quattro posti letto accorpati ai sei posti di ortopedia; è stata chiusa psichiatria, malattie infettive e manca l’emodinamica.

    Da tanti anni si promette l’apertura della terapia intensiva neonatale, con tanto di risorse già destinate (erano state acquistate addirittura le attrezzature) ma non ha mai visto la luce, e invece è un reparto che è essenziale a Gela. Per non parlare di tutto il resto, soprattutto della medicina territoriale: mancano geriatri, non ci sono attrezzature per le visite che i cittadini hanno bisogno di fare con la mutua e la gente è costretta a rivolgersi ai privati. Insomma, c’è una situazione che è parecchio complicata e non può essere sottovalutato questo problema, anche perché il comprensorio di Gela serve una popolazione di 125.000 abitanti. Almeno un ospedale va garantito.

    Esiste un nesso tra la condizione che vive il territorio di Gela e la vostra richiesta di salvaguardare l’ospedale?

    L’azione che stiamo portando avanti adesso arriva a seguito di eventi gravi come la chiusura improvvisa della terapia intensiva e il conseguente trasferimento di sette malati gravi intubati. Le loro famiglie ci hanno più volte segnalato il peggioramento, se non la morte di questi pazienti, e probabilmente il trasporto è una causa.

    Noi abbiamo fatto un esposto, che oggi abbiamo presentato in procura. L’esposto chiede di verificare se quello che è stato fatto, cioè la chiusura e il conseguente trasferimento sia dei pazienti che degli infermieri, non preveda delle conseguenze dal punto di vista penale; chiediamo di verificare tutte le negligenze, tutte le mancanze di organico e tutto ciò che i disservizi hanno comportato per la popolazione.

    Chiediamo di salvaguardare l’ospedale anche perché è l’unica cosa che è rimasta in questo territorio. A noi hanno chiuso tutto, noi avevamo servizi, tanti servizi che avevano ufficio a Gela e ora sono chiusi. Chiunque, per qualunque cosa – la patente, la visita all’INPS, alla SERIT o qualsiasi altro servizio – deve andare a Caltanissetta.

    Ora ci vogliono togliere anche l’ospedale, giusto dopo che è stato chiuso lo stabilimento Eni e sono stati licenziati operai e tecnici che lavoravano nell’indotto. Gela è caduta profondamente in una situazione di fragilità, da tutti i punti di vista – economica, sociale, psicologica. Se l’unica cosa che ci resta è l’ospedale, ora dobbiamo fare una battaglia per ribadire il nostro diritto alla salute.


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