• Erosione costiera, il borgo dimenticato di Galati Marina. Intervista al Comitato

    Erosione costiera, il borgo dimenticato di Galati Marina. Intervista al Comitato

    Da diversi anni a Galati Marina, una frazione di Messina, è in corso un processo di erosione costiera che sta mettendo in pericolo la vita degli abitanti del borgo, determinando inoltre ingenti danni economici, dalla scomparsa del turismo al danneggiamento delle abitazioni. Esiste un comitato, Salviamo Galati Marina, che si batte per il riconoscimento del problema e spinge affinché si mettano in atto soluzioni per la messa in sicurezza dell’area. Abbiamo intervistato Giulia Ingegneri, portavoce del Comitato, per fare il punto sulla vicenda.

    Giulia raccontaci la vostra vicenda: cosa succede a Galati Marina? 

    Il problema è decennale, più che decennale. Inizialmente l’avvio dell’erosione costiera era avvenuto in forma limitata, pur essendo sotto gli occhi di tutti. Nessuno immaginava che si sarebbe mai potuti arrivare a questo punto, che è pericoloso ed è un punto di non ritorno.

    Nel 2014, con il Patto per il Sud, vengono stanziati 4 milioni e mezzo di euro per il litorale, nel tratto Santa Margherita – Cala di Marina, che sono circa 700 metri di costa (la restante parte non era nel progetto). Progetto ideato appunto per bloccare l’erosione costiera. Dal 2014 ad oggi sono stati fatti degli interventi di urgenza, ossia delle barriere radenti a ridosso delle abitazioni che avrebbero dovuto proteggere le case, ma purtroppo così non è stato.
    Tra l’altro si è trattato di interventi successivi alle mareggiate, quindi fatti d’urgenza.
    Per fare un esempio, il primo intervento è stato nel 2018, a seguito di una importante mareggiata avvenuta a ottobre.

    Mareggiata che però non arrivava inaspettata: la fase autunnale è il periodo dell’anno in cui avvengono le prime mareggiate. Gli enti competenti dovevano essere a conoscenza del fatto che saremmo stati in pericolo.

    Ad ottobre 2018 questa prima mareggiata distrugge tutte le proprietà fronte mare. Tutti i muri perimetrali, tutte le proprietà sono state invase. A casa mia, per esempio, c’è stato un danno di circa 50.000 euro. A novembre loro cominciano con la creazione di questa prima barriera, barriera che poi non è stata sottoposta a manutenzione. Noi subiamo un’ulteriore mareggiata a novembre dell’anno successivo, e l’aggravio dei danni.

    Successivamente si sono susseguite una serie di mareggiate (2018, 2019, 2020) , a seguito delle quali noi abbiamo subito notevoli danni, oltre che l’aumentare della paura nel vivere lì. Ci sono stati interventi, torno a ripetere, d’urgenza, fuori tempo e inefficaci.

    Che sono stati inefficaci lo dimostrano i fatti, perché i danni si sono aggravati di anno in anno.

    A un certo punto è stato messo in appalto il progetto definitivo, i cui lavori sarebbero dovuti partire ad aprile del 2021, e invece hanno avuto avvio nell’ottobre del 2021. Oggi siamo in corso d’opera. I lavori sono iniziati da qualche mese e hanno realizzato cinque pennelli.

    Vi racconto di preciso qual è il progetto: prevede la costruzione di pennelli, una specie di lingue di terra e di massi che dalla costa vanno verso il largo. Questi dovrebbero determinare l’incarceramento della sabbia, in modo tale che si possa avere una ricostituzione del litorale della spiaggia, affinché la spiaggia si allontani dalle case e così, di conseguenza, il mare.
    I danni sono stati determinati proprio dall’arretramento della linea di costa. In questo momento quindi abbiamo visto la realizzazione di questi cinque pennelli; ora salta fuori che, probabilmente, dei nove che prevedeva il progetto ne faranno otto.

    La nostra rabbia in questi giorni è sorta perché il Sindaco della città ha inneggiato al miracolo, elogiando l’operato dell’amministrazione, dicendo che grazie al loro intervento sono stati evitati i danni alle abitazioni (cosa non vera, anche perché alcune delle abitazioni, tre abitazioni, sono addirittura sottoposte a ordinanza di sgombero) e che la spiaggia si è ormai ricostituita, che si sono ricostituiti i cinquanta metri di spiaggia (anche questo non vero perché noi abbiamo fatto dei rilievi anche col drone, che evidenziano lo stato attuale delle cose).

    Noi non vogliamo mettere in dubbio che quest’opera abbia un buon risultato. Al momento però non possiamo giudicare, soprattutto se l’opera non viene completata. Visto che si prevede che ne vengano realizzati otto anziché nove.

    Quindi ci chiediamo, sarà un’opera incompleta o un’opera che è stata modificata e comunque avrà il suo effetto positivo? Questo non lo possiamo sapere noi, non siamo dei tecnici, noi possiamo sapere che continuiamo a vivere nel disagio, perché ovviamente Galati è una frazione marina, che vive di turismo, e negli ultimi anni il turismo è stato pari a zero, se non, per quei pochi originari del luogo, che vivono al nord e sono venuti per affetto.

    Le attività rischiano di perire, si vive in una condizione pessima anche all’interno delle proprie abitazioni, mancano i muri perimetrali, gli estranei possono accedere alle nostre case tranquillamente, indisturbati; e poi la sporcizia, perché noi abbiamo tantissima sabbia all’interno delle nostre abitazioni. Le nostre case si sono trasformate in spiaggia, che non sappiamo neppure come smaltire, non ci danno le autorizzazioni per buttare la sabbia. Insomma, la nostra è una condizione di disagio oltre che di paura
    È una condizione emotiva di invivibilità.

    Quando nasce il Comitato? Da chi è formato? 

    Il Comitato Salviamo Galati Marina nasce a novembre del 2019, perché noi cittadini del luogo ci siamo resi conto che le istituzioni erano inermi, o comunque operavano male in questa situazione. Anzi, se proprio devo essere sincera, in un’occasione, due ingegneri del Comune, responsabili del progetto, ci hanno suggerito «fatevi sentire!».

    Il comitato è formato da abitanti del luogo. Tra i componenti del direttivo c’è una parte che non è residente a Galati ma ha un’attività, a dimostrazione del fatto che anche l’economia del paese è andata persa, e poi abbiamo tutti gli associati che sono residenti del posto. Nel direttivo siamo in sette, poi abbiamo circa duecento associati.

    Quali sono le conseguenze del fenomeno che vivete di più sulla vostra pelle? Come ha modificato le vostre vite? 

    Spesso ci sentiamo dire «certo hanno costruito sul mare, che cosa volevano?».
    Non è così. Le abitazioni sono sulla Nazionale e quindi ad almeno sessanta metri da dove c’era prima la spiaggia. E poi, sono tutte di proprietà, cioè non è terreno demaniale. Aggiungiamo inoltre che da più di due anni non usufruiamo della spiaggia, non abbiamo più accesso al mare, e questo, possiamo dire, poco conta rispetto alla vita. Però diventa anche pericoloso perché in un momento di pericolo il mare è anche una via di fuga. Noi invece abbiamo queste barriere, che adesso stanno togliendo per fare i pennelli.
    La situazione è invivibile. Le nostre proprietà, torno a ripetere, sono diventate un tutt’uno con la spiaggia, non abbiamo più muri perimetrali e poi, a parte questa attuale condizione, se non si fanno immediatamente degli interventi efficaci, il mare che ormai è veramente a ridosso delle case, nel caso di un’altra importante mareggiata, rischia di sommergerle.
    Poi c’è il problema economico, l’economia del paese ha subito un notevole danno.

    Hai parlato di ritardi nei provvedimenti presi, nella messa in sicurezza, nel completamento degli interventi. Di chi è la responsabilità?

    Il progetto è di competenza regionale, c’è un Commissario per il distretto idrogeologico, che è il responsabile di questo progetto. Poi c’è la messa in sicurezza locale che sarebbe a capo dell’amministrazione comunale.
    Le responsabilità se le sono rimbalzate tra Regione e Comune. Spesso si è giustificato il blocco dell’avanzamento dei lavori e dell’iter procedurale con delle carenze documentali; quindi alla mancanza di questo o quel documento. A volte di competenza regionale a volte di competenza comunale e delle amministrazioni locali.

    Diciamo, le responsabilità sono da entrambe le parti, sia locali che regionali. Sicuramente per la messa in sicurezza immediata delle abitazioni, sono del Comune. Loro si nascondono dietro al fatto che gli iter burocratici sono lunghi. Con il Patto per il Sud questi soldi sono stati stanziati nel 2014, adesso siamo nel 2022, di quattro milioni e mezzo di euro ne sono rimasti un milione e mezzo, e noi abbiamo perso tutto quello che avevamo.

    Voi a questo punto cosa chiedete? Che vengano completati i lavori al più presto? O avete anche altre richieste? 

    Noi richiediamo intanto che venga completato questo progetto, e non entriamo in merito sull’opportunità e sull’efficacia del progetto; questo è stato progettato e questo si deve portare a compimento, interamente per quello che è previsto.

    Poi sicuramente avremmo anche la richiesta di una compensazione non soltanto per i danni subiti dai cittadini, ma anche proprio per l’economia: servirebbero delle opere compensative. A Galati, per esempio, c’era un campo sportivo che è andato distrutto, veniva utilizzato anche dalla squadra del Messina, per gli allenamenti. Questo campo non esiste più. Esistevano dei lidi che sono andati distrutti. Noi non abbiamo proprio nulla. La vivibilità del paese, per il substrato sociale, la qualità della vita del paese, sono andate perse. Perchè non fare come è stato fatto in Emilia Romagna per esempio? Sono stati fatti interventi di innesto di materiali sabbiosi proprio per favorire il rifacimento della spiaggia. Vista la condizione di urgenza e di emergenza magari sarebbe più opportuno agire in questo modo anziché aspettare il rifacimento naturale, che non sappiamo in che tempi si possa verificare.


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