• Via libera alle trivellazioni: il piano del governo Draghi contro il caro bollette

    Via libera alle trivellazioni: il piano del governo Draghi contro il caro bollette

    Il Ministero della Transizione Ecologica del governo Draghi, presieduto da Roberto Cingolani, ha pubblicato la mappa Pitesai – Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee. Si tratta di uno strumento di pianificazione volto a individuare le aree dove sarà possibile svolgere o continuare a svolgere le attività di ricerca, prospezione e coltivazione degli idrocarburi in modo sostenibile. Praticamente tutta la Sicilia è idonea alle trivellazioni.

    Un via libera informale

    La mappa è il risultato di anni di polemiche e passi indietro. Il progetto nasce sotto il governo Conte I, con l’obiettivo di inserire vincoli alla ricerca di idrocarburi. Il passo ulteriore del governo Draghi riguarda la messa a punto di una mappa precisa che indica dove sarà possibile fare attività di ricerca e dove no, con il vincolo che si potranno autorizzare solo giacimenti di gas e non di petrolio, su terraferma e in mare.

    È il sito del Ministero a fornire tutte le informazioni sul Pitesai: «tiene conto di tutte le caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche e morfologiche, con particolare riferimento all’assetto idrogeologico ed alle vigenti pianificazioni e, per quanto riguarda le aree marine, considera principalmente i possibili effetti sull’ecosistema, nonché tiene conto dell’analisi delle rotte marittime, della pescosità delle aree e della possibile interferenza sulle coste».

    Niente di cui preoccuparsi insomma; una ben presentata mappa che informa i cittadini che da domani si potrà tornare – o continuare – a trivellare, per mare e per terra, alla ricerca di fonti energetiche non rinnovabili, ma solo nelle aree indicate. Formalmente non è un nuovo via libera alle trivelle. Il lavoro è stato presentato come una mappatura volta a identificare aree assolutamente intoccabili. Di fatto, apre le porte a multinazionali e imprenditori che hanno presentato o presenteranno progetti di estrazione sulle aree indicate come idonee.

    Quali saranno le aree idonee? 

    Per quanto riguarda la terra ferma l’area coinvolta dal Piano sarà pari al 42,5% della penisola. Quindici in tutto le regioni d’Italia interessate: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Per quanto riguarda la Sicilia, l’isola risulta interamente sottoponibile a trivellazioni.

    Per l’area marina, invece, si parla di una percentuale dell’11,5% delle zone idonee. Si tratterà delle zone del Canale di Sicilia, le coste dell’Adriatico fra le Marche e l’Abruzzo, le coste di fronte alla Puglia, il golfo di Taranto e le coste di Venezia.

    L’intento è quello di razionalizzare e concentrare le attività di estrazione su poche concessioni attive. Il via libera, infatti, riguarda solo le attività le cui domande sono state presentate dopo il primo gennaio del 2010. Da quell’anno in poi, a detta del ministero, le domande risulterebbero più attente ai criteri ambientali.

    Per la Sicilia, dunque, la preoccupazione è tanta; visto che i nostri mari sono già oggetto di trivellazioni, che potrebbero ora essere potenziate. La possibilità di fare profitto nel campo dell’energia fa gola a molti. Non a caso, ad accogliere di buon grado il provvedimento c’è Confindustria. Ad opporsi, comitati ambientalisti e soprattutto le comunità delle aree interessate, che di guadagno economico ne vedranno poco; quello che gli resterà, come al solito, saranno devastazione degli ecosistemi e impatto sul territorio.

    Di male… in male

    L’accelerazione che ha portato alla pubblicazione della Pitesai è chiaramente una risposta alla crisi energetica mondiale in corso. La mappa è un primo passo verso quell’incremento della produzione del gas italiano a cui il governo punta per contrastare il caro energia, che ha portato alle stelle le bollette di luce e gas.

    Dei legami fra transizione ecologica e stangata bollette ne avevamo parlato già qui. L’aumento del prezzo del Gas naturale, che copre il 39,2% del fabbisogno energetico dell’Italia, è dovuto soprattutto all’aumento esponenzialmente della domanda, a cui l’offerta non è riuscita ad adeguarsi. Russia e Norvegia, infatti, hanno stretto i rubinetti nei confronti dell’Europa, dirottando le consegne verso la Cina.

    L’idea del governo, quindi, è quella di riuscire a fare da soli, raddoppiando l’estrazione dai giacimenti nazionali passando da 3 a 6 miliardi di metri cubi all’anno.
    Le bollette dalle cifre esorbitanti sono già la realtà, e il Governo Draghi prende provvedimenti che, nel migliore dei casi, dovrebbero aumentare l’offerta di gas e magari di petrolio non prima di due anni.
    Il Governo dovrebbe lavorare per trovare i 90 miliardi di euro per abbattere il costo delle bollette, invece che pensare a ripartire con le trivellazioni.
    Tra l’altro puntare su idrogeno (prodotto dal metano) e Gas, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, non è per nulla un’ottima pensata. Ci si trova, infatti, di fronte al paradosso della transizione ecologica: sarà inquinante. Il tempo e i soldi, che si stanno perdendo dietro il Gas, sarebbero stati preziosi per l’abbandono del fossile e l’inizio di una reale riconversione.


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