La soluzione definitiva alla crisi idrica sbarca in Sicilia all’interno di 18 container, ed è pronta a risollevare le sorti della nostra isola assetata; o forse no?
Accolti dalle trionfali dichiarazioni del Presidente Renato Schifani sono arrivati in Sicilia i tre dissalatori destinati a Gela, Porto Empedocle e Trapani. In seguito a un investimento di 100 milioni di euro, il Governo italiano e quello regionale sono pronti a garantire al popolo siciliano circa 96 litri di acqua potabile al secondo in più, grazie al pioneristico sistema a osmosi inversa, messo in pratica dai tre dissalatori.
Purtroppo, però, la realtà è un po’ distante dalle aspettative dei siciliani, che speravano di potersi finalmente lasciare la crisi idrica alle spalle grazie alla messa in funzione dei tre dissalatori. Sebbene questi nuovi impianti rappresentino la punta di diamante del progresso scientifico in ambito di fornitura di acqua potabile a partire dall’acqua di mare, le tre strutture celano numerose criticità. Questi macchinari nascono, infatti, per garantire il fabbisogno minimo di risorse idriche alle piccole isole dove difficilmente sono presenti alternative al trasporto di acqua via nave e non sono adatti a coprire un territorio esteso come quello siciliano.
Questi impianti, inoltre, necessitano di moltissima energia per funzionare a differenza dei trattamenti tradizionali delle acque di fiume o lago, per non parlare dei residui ipertonici di difficile smaltimento e che in assenza di una normativa specifica verrebbero sversati in mare.
Nonostante le spese e la promessa di una soluzione concreta al dramma della siccità, da chi è al potere arriva l’ennesima toppa mascherata da rimedio, mentre le altissime temperature degli ultimi giorni e la continua dispersione delle riserve idriche degli invasi mette in seria difficoltà i residenti e il settore agricolo della nostra isola.
Nella provincia di Trapani, infatti, gli invasi principali contengono al momento meno della metà della capacità massima di acqua e la preoccupazione continua a crescere tra la popolazione. Nell’agrigentino il caldo torrido, oltre a ridurre il volume di acqua disponibile nei bacini, aggrava le condizioni degli impianti di distribuzione da tempo obsoleti, costringendo gli agricoltori di Ribera a fare i conti perfino con l’interruzione della prima irrigazione di soccorso. Dalla Sicilia orientale è arrivato da poco l’ennesimo appello alle istituzioni da parte della Confederazione Italiana Agricoltori Sicilia Orientale, in cui si richiede la messa in atto di un piano strutturale che parta «dalla messa in sicurezza delle opere realizzate negli anni ’50, dal rifacimento delle reti, dalla pulizia degli affluenti secondari e da una seria manutenzione dei canali di scolo» – dichiara, Giosuè Catania, Presidente della Confederazione.
Migliaia di famiglie, dunque, continuano a vivere a loro spese il paradosso di una terra ricca di monti e falde acquifere dove l’accesso all’acqua rappresenta un privilegio per pochi. Un problema che non può continuare ad essere affrontato superficialmente con soluzione temporanee come i dissalatori. La Sicilia necessita di interventi strutturali che pongano un definitivo rimedio alla questione siccità, attraverso un piano di gestione in grado di garantire tramite una rete di distribuzione adeguata e funzionante in ogni angolo della nostra isola il libero accesso all’acqua a tutti i siciliani.