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  • Supporto Formazione e Lavoro: la piattaforma SIISL in Sicilia non aiuterà a trovare lavoro, ma a imporre lo sfruttamento

    Supporto Formazione e Lavoro: la piattaforma SIISL in Sicilia non aiuterà a trovare lavoro, ma a imporre lo sfruttamento

    Lo scorso primo settembre è stata lanciata la piattaforma SIISL, lo strumento messo a punto dal Governo per mettere in collegamento gli ex disoccupati percettori di Reddito di Cittadinanza e tutti coloro che vorranno fare richiesta della nuova misura sostitutiva, con il mondo del lavoro.

    Il portale, insieme a tutta la manovra di Governo che ha portato a sostituire il Reddito, è stato presentato come la soluzione al problema della disoccupazione in Italia: uno strumento ideato per incrociare domanda e offerta e garantire l’occupazione degli ex percettori, non rendendo più necessario un supporto economico da parte dello Stato italiano. Peccato che, sin da subito, invece che creare soluzioni, la nuova piattaforma si è dimostrata l’ennesimo farraginoso ostacolo burocratico contro il quale i siciliani dovranno scontrarsi.

    Offerte di lavoro a pioggia, ma a quali condizioni?

    Partiamo dagli altisonanti numeri snocciolati dal Ministero del Lavoro e diffusi dalle principali testate giornalistiche nelle primissime ore di vita della piattaforma: sulla piattaforma sarebbero presenti 52.798 offerte formative per una platea potenziale di circa 600 mila persone e 25.691 annunci di lavoro per 60 mila soggetti.

    Fermandosi a una superficiale lettura dei dati, l’istinto è quello di gridare al miracolo e di attribuire capacità divinatorie al SIISL, novello deus ex machina del mercato del lavoro italiano.

    In realtà, le cose stanno un po’ diversamente.
    In primo luogo, per via di una casuale svista collettiva da parte dei datori di lavoro, nelle offerte inserite nel portale, la voce che fa riferimento alle paga è sbadatamente vuota. Scelta assolutamente in linea con le disposizioni del Governo, che non ha obbligato i titolari a inserire alcunché riguardo le condizioni lavorative, ma che, di fatto, mette i disoccupati nella condizione di prendere contatto per offerte di lavoro a scatola chiusa, nella speranza che il salario mensile non sia inferiore alla quota del reddito che percepivano fino a poco tempo prima.

    Di indicazioni pertinenti alle ore di lavoro o al tipo di contratto neanche a parlarne; anche in questo caso, ai disoccupati non è dato sapere se si stanno interessando a un lavoro a tempo indeterminato o determinato, a un part time o a un full time, e in che tipologia contrattuale verranno inquadrati.

    Infine, tra questi 25 mila annunci sono presenti diverse offerte non esattamente in linea con il target medio del disoccupato ex percettore. Stage per neolaureati, offerte di lavoro per avvocati, ingegneri e architetti. Insomma, proposte non sovrapponibili a una domanda composta in gran parte da persone sopra i quarant’anni e con un basso grado di scolarizzazione.

    L’SFL sempre più un miraggio

    I problemi fin qui evidenziati nella gestione della piattaforma SIISL sono lo specchio dei problemi strutturali del mondo del lavoro italiano, peraltro aggravati da misure come il recente Decreto Lavoro, che ha spinto milioni di lavoratori verso una condizione di precarietà a tempo indeterminato.
    La novità risiede nel modo in cui il percorso di attivazione lavorativa è stato pensato, strutturato in maniera tale da far sì che riuscire ad accedere all’SFL – la misura sostitutiva del Reddito di Cittadinanza per gli “occupabili”, ovvero 350€ mensili per una durata massima di 12 mesi – diventi un’impresa titanica.

    Infatti, per poter ricevere il denaro è necessario completare ben 8 step che, oltre a prevedere numerosi passaggi telematici sulla piattaforma dell’INPS e su quella ministeriale, consistono nel prendere parte a un corso di formazione o a un PUC, progetti utili alla collettività.

    Peccato che, come si può facilmente notare scorrendo nella piattaforma, diversi tra i corsi siano già terminati nei mesi passati o, addirittura, nel 2022, impedendo a una buona fetta della platea dei disoccupati di ottenere l’SFL.

    Una diseguale rincorsa al sostegno

    Per di più, ciò si traduce in forti disuguaglianze tra le varie regioni. Se in regioni come la Lombardia i disoccupati ex percettori sono poco più di 7 mila, a fronte di un mercato del lavoro e di un sistema di protezione sociale che si sta dimostrando in grado di garantire un sostegno a gran parte di essi – come confermato dai numeri del portale SIISL – la situazione in Sicilia ha risvolti ben più drammatici.

    Nella nostra isola, il Reddito di Cittadinanza è stato tolto a circa 37 mila nuclei familiari, mentre al momento le offerte di lavoro sono soltanto 55. A ciò si aggiunge il fatto che l’offerta di corsi di formazione e PUC non è in grado di soddisfare le decine di migliaia di domande destinate ad arrivare nelle prossime settimane.

    Dulcis in fundo, per poter ricevere il sostegno bisogna sottoscrivere il Patto di Servizio Personalizzato presso i centri dell’impiego ma, vista la mole di domande, ci vorranno mesi prima che le poche strutture preposte siano fisicamente in grado di accogliere tutte le richieste.

    Supporto per lo sfruttamento e il lavoro

    In concreto, migliaia di siciliani non riusciranno a ricevere i 350€ mensili che gli dovrebbero permettere di fare la spesa, pagare le bollette, e garantire un tetto sopra la testa per sé e per le loro famiglie. Tutto ciò a causa di un imbuto architettato ad arte dal Governo, perfettamente consapevole di come, in regioni come la Sicilia, le strutture sociali non siano in grado di reggere l’urto.
    L’abolizione del Reddito di Cittadinanza si conferma un attacco alla Sicilia, una scelta e un sistema ideati per portare alla disperazione quante più persone possibili, così da costringerle, volenti o nolenti, ad accettare la prima indecorosa offerta di lavoro che gli verrà messa sul piatto e incentivando l’emigrazione dalla nostra terra verso il Nord Italia.


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