• Una sostituzione etnica in questo paese è già accaduta. Fortuitamente, riguardò i siciliani.

    Una sostituzione etnica in questo paese è già accaduta. Fortuitamente, riguardò i siciliani.

    «Dagli uffici della Sicilia debbono essere, entro breve tempo, allontanati tutti i funzionari nativi dell’Isola. Provvedere in conformità assicurando». Telegramma di Stato, prot. N° 59243 del 5 agosto 1941. Firmato: Benito Mussolini.

    Allontanare tutti i funzionari nativi dell’isola – significava che tutti gli impiegati siciliani di qualunque ufficio e di qualunque ordine e grado, indipendentemente che fossero reduci di guerra, decorati, fascisti della prima o ultima ora, sospetti antifascisti, iscritti al partito o meno, dovevano «entro breve tempo» farsi la valigia e partire. Non era un provvedimento dettato da un motivo politico, era una misura etnica, contro tutti i siciliani, “nativi”, per il fatto stesso di essere siciliani. Il fatto di essere siciliani era il fatto politico.

    Che cosa avesse spinto il capo del fascismo all’urgenza del provvedimento non è chiarissimo: gli storici hanno poco scartabellato negli archivi, intorno questo episodio. Di certo, dovevano esserci dei rapporti dell’OVRA, la polizia politica del fascismo, che segnalavano una certa disaffezione verso il regime. Era dall’entrata in guerra dell’Italia: come sempre, a ogni guerra, i siciliani pagavano un prezzo altissimo. Segnalavano probabilmente anche, i rapporti, che qualcuno cominciava a parlare di separatismo. E questo già è credibile – per il semplice fatto che quando poi il 9 luglio del 1943 gli Alleati sbarcheranno, e le maglie della repressione fascista, a cominciare dalla libertà di stampa e di associazione politica, si allenteranno, i primi a scendere in campo e sbucare fuori da ogni dove come i babbaluci, furono proprio i militanti dell’indipendentismo, mentre tutti gli altri partiti sono imbambolati. E non è che dalla sera alla mattina tu metti in piedi un discorso, una prospettiva e una rete politica. Era, insomma, da tempo che certe idee circolavano in Sicilia.

    Mussolini la fa perciò breve – è anche probabile che abbia pensato a una debolezza militare: che la Sicilia potesse essere meta di una offensiva alleata non è che bisognava essere Annibale o Napoleone per immaginarlo. E se la Sicilia era disaffezionata e se in Sicilia circolavano troppo assai idee separatiste – meglio cacciare via tutti gli impiegati siciliani, perché una loro disaffezione e un loro disimpegno avrebbe significato l’inceppamento o il crollo della “macchina statale fascista”.

    D’altra parte, non poteva sguarnirla questa macchina – e perciò il provvedimento “collaterale” era quello di mandare dal continente tanti funzionari del nord quanti siciliani ne venivano cacciati per sostituirli nelle loro mansioni. Quelli del nord non avevano grilli per la testa e erano fedeli. Di nuovo, il fatto etnico diventa politico.

    Nello stesso regime, la decisione di Mussolini creò sconcerto.

    In data 4 ottobre 1941, il fortuitamente genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, scriverà nel suo famoso Diario: «La situazione interna – che fa acqua in molti posti – diviene grave in Sicilia. Questa Regione, che della guerra ha tutti i costi e nessun beneficio, è stata soprattutto urtata dalla decisione personale del Duce di allontanare i funzionari siciliani dall’isola. Alla miseria si è aggiunto ciò che essi considerano un oltraggio. Perché ciò sia stato fatto io non so. Ho visto Gaetani, che desidera lasciare la carica di Vice Segretario del Partito e che piange quando parla delle condizioni della Sicilia. Ho visto Massi, che dovrebbe trasferirsi nel Nord Italia e che rifiuta di farlo: “Mio padre è genovese e mia madre è siciliana. Se fosse ebrea sarei arianizzato. Così, invece, non c’è perdono per me. Essere siciliani è dunque peggio di essere ebrei?”»

    Non abbiamo numeri precisi di questa deportazione – la guerra poi probabilmente rallentò alcune cose; non sappiamo se i continentali che vennero in Sicilia a sostituire i siciliani si fossero poi innamorati delle panelle e dei cannoli e avessero deciso di rimanerci; di certo, sappiamo che non tutti i funzionari siciliani che furono sostituiti tornarono. D’altra parte, come dire, ci siamo abituati.

    Ecco, quando il ministro Lollobrigida, fortuitamente cognato nel governo, dice che «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica» e poi vuole metterci una pezza che è peggio del buco, e dice che si è sbagliato ma per ignoranza, non per razzismo – penso sia opportuno ricordargli quello che decise il signor Mussolini.

    Una sostituzione etnica in questo paese è già accaduta. Fortuitamente, riguardò i siciliani.


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