• Lampedusa tra radar militari e tumori. Intervista al Comitato per la salute pubblica e ambientale

    Lampedusa tra radar militari e tumori. Intervista al Comitato per la salute pubblica e ambientale

    Lampedusa, isola di un’area di 20 km², è uno dei maggiori vanti della Sicilia. Purtroppo, però, viverci non risulta semplice per diverse presenze altamente dannose e lacune importanti: radar e basi militari, inquinamento elettromagnetico, assenza di un ospedale e del sistema di fognature. La città risulta essere la prima per tumori maschili, insieme a Linosa. Difatti, la ricchezza naturalistica e paesaggistica viene sacrificata in nome di basi militari e interessi dall’alto che portano alla morte degli abitanti e dell’isola sotto tutti i punti di vista.

    Abbiamo intervistato Giacomo Sferlazzo, portavoce del Comitato di Lampedusa per la Salute Pubblica e Ambientale, per parlare delle cause di questi problemi e sapere quali azioni sta portando avanti il Comitato.

    Le vertenze che portate avanti sono molte, di cui alcune presenti da parecchi anni. Quando nasce la volontà di dar vita al Comitato per la Salute Pubblica e Ambientale e con quali intenti?

    Il Comitato nasce nel 2018 dalla richiesta di Vincenzo Di Palma, che ne è stato anche Presidente. Lui in primis ha avuto un tumore, l’ha affrontato e superato. All’epoca mi contattò perché per anni con il collettivo Askavusa abbiamo affrontato la questione delle onde elettromagnetiche e dei tumori. Il primo tentativo è stato quello di fare di più, coinvolgendo più persone possibili per sensibilizzare su un problema che si stava già allargando a macchia d’olio. Da questo incontro e da questa richiesta di Vincenzo, è nato il percorso che ha portato al comitato.

    Da quel momento, nasce un’attività di ricerca, di informazione e denuncia, già cominciata con il collettivo Askavusa dal 2009. Ci occupiamo di temi correlati alla salute e all’ambiente, strettamente collegati tra loro: ci troviamo all’interno di un contesto ambientale che condiziona in maniera totale il nostro territorio e le persone che lo abitano. Abbiamo un ambiente fitto di agenti inquinanti, per cui è anche più facile ammalarsi.

    L’obiettivo del Comitato è quello di trattare il tema della salute a 360 gradi, di cui fa parte la richiesta di potenziare l’offerta sanitaria della sanità pubblica: sull’isola c’è un grosso problema di accesso alle cure, che è anche un problema comune; i tagli fatti nel corso di questi anni hanno provocato un disastro, lo abbiamo toccato con mano recentemente e lo facciamo tutt’ora. Essendo Lampedusa lontana e danneggiata per mille motivi, non avere una scelta delle cure rende la situazione ancora più drammatica.

    Di Lampedusa non si parla molto, se non rispetto al tema immigrazione. Per quanto riguarda l’inquinamento dell’isola e la salute cittadina, regna il silenzio. Qual è la situazione attuale?

    Pur essendo un territorio molto piccolo, è ricco di particolarità a livello ambientale: ci sono delle specie endemiche per la sua posizione geografica, è punto di passaggio per gli uccelli migratori, per le balene, per le tartarughe; al contempo, però, ha un carico di problemi di tipo ambientale paragonabile ad altri territori meno lontani e meno isolati di Lampedusa. Ad esempio, la questione dei depuratori: non abbiamo depuratori, o meglio formalmente ce n’è uno, ma non ha mai funzionato. Gli scarichi vengono versati nel mare, anche se sembra inconcepibile dato che siamo uno dei posti più importanti nel Mediterraneo a livello naturalistico. Andrebbe sicuramente sottolineata questa mancanza; già ci abbiamo provato: tutti ne sono a conoscenza, anche le istituzioni, ma di fatto il depuratore continua a non funzionare.

    Abbiamo anche diverse discariche di amianto. Per quanto il problema sia stato segnalato a tutti i livelli e come Comitato abbiamo fatto la mappatura delle discariche, inviata poi alle istituzioni competenti, anche questa volta non c’è stato nessun tipo di intervento. Perfino la gestione della nettezza urbana è fallimentare, sotto tutti i punti di vista, con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Sull’isola, inoltre, esiste una presenza spaventosa: sette radar e diverse antenne di telecomunicazioni in un territorio di 5km per 3. Abbiamo un problema strutturale legato alla rete idrica e fognaria, specialmente per la seconda: essendoci stato negli anni un forte abusivismo edilizio, spesso le abitazioni non sono neanche allacciate alla fognatura. Questi sono sicuramente i temi più urgenti e pressanti, ma c’è anche la questione delle migrazioni: le barche sequestrate e poi messe al porto spesso affondano con i loro carburanti e le batterie, durante le mareggiate. Così non causano gravi problemi solo all’interno del porto, ma anche nelle gavette. Tutte queste cose sommate sono un carico importante per l’isola e purtroppo negli ultimi anni non c’è stata alcuna risposta.

    All’interno dell’isola, poi, non c’è un punto nascite dagli anni ’70: sappiamo già che qui non si nasce da un po’. La questione che solleviamo è l’assenza di un ospedale e il potenziamento del pronto soccorso. La guardia medica che c’è, spesso non funziona bene: gli specialisti spesso non ci sono, ci sono carenze strutturali, nei servizi; non c’è un reparto di radiologia, non si può fare la chemioterapia sull’isola, non c’è il punto nascita, non c’è possibilità di ricovero. Chi sta male parte a proprie spese. Il rimborso delle spese per i malati che partono è veramente irrisorio, la maggior parte dei costi delle cure, così come anche delle nascite, è a carico degli isolani. Se un abitante deve fare una chemioterapia, è costretto a partire lontano dall’isola; se un’abitante deve partorire, dovrà partire due mesi prima della fine della gravidanza.

    State portando avanti un’indagine sui tumori legata alla presenza dei Radar militari sull’isola. Cosa vi ha portato a pensare che la grande presenza di questi radar sia collegata con lo sviluppo dei tumori?

    Siamo partiti da uno studio che è stato pubblicato da alcune riviste scientifiche ed è stato commissionato da noi, fatto dal Professore Massimo Coraddu, che ha collaborato alla questione del MUOS, e Alberto Lombardo, Professore di statistica a Palermo. Hanno analizzato gli ultimi tre registri tumori della Regione Siciliana, dove i comuni di Lampedusa e di Linosa risultano primi per morti per tumori maschili, in percentuale, nell’arco di 15 anni. A partire da questo dato, il registro dei tumori prende in considerazione i morti e non i malati. Noi, invece, vorremmo capire quanti malati di tumori ci sono e che tipo di tumori, per poter risalire alle cause.

    Abbiamo un sospetto più che fondato: l’alto inquinamento elettromagnetico può favorire l’insorgere del tumore. Chiaramente, se non si hanno più dati è difficile dimostrarlo scientificamente. Abbiamo chiesto più volte un’indagine epidemiologica, ma le istituzioni sono sorde, e abbiamo dunque pensato di far partire un’indagine dal basso. Ovviamente è una cosa molto delicata, questi sono dati sensibili, privati e noi li utilizzeremo esclusivamente per fare questo studio attraverso avvocato e medico legale, per capire anche che tipo di azioni legali possiamo portare avanti. È importante capire che tipo di tumori le persone hanno, in che zone vivono, che lavoro fanno, quanti anni hanno, per ricostruire le cause che portano ad ammalarsi. Crediamo che questo fattore sia molto incisivo sulla percentuale di tumori. Diversi fattori possono portare a questo tipo di tumori, ma è ormai assodato che nell’ambiente inquinato elettromagneticamente c’è maggiore esposizione.

    I radar presenti sull’isola sono tutti militari, ma appartengono a diversi corpi: ogni corpo ha il suo, la marina militare, la guardia di finanza e così via. Spesso vengono giustificati per la questione dell’emigrazione, ma sappiamo che questa presenza massiccia di radar è legata a una questione economica: le grandi aziende che producono sistemi radar hanno gioco facile sull’isola a vendere radar, giustificandoli con la questione dell’emigrazione. Sappiamo anche che alcuni di questi sono militarmente strategici nel Mediterraneo, in particolare quello della marina militare, specialmente per la guerra elettronica e lo spionaggio, di cui Lampedusa è base. La base Nato è stata a Lampedusa dal 1973 fino al 1994. Quando gli americani sono andati via, l’area è rimasta militare e attualmente esistono cinque radar, formalmente italiani.

    Da poco è uscita la notizia del progetto di un radar militare a Favignana. Qual è il progetto secondo voi per le isole minori? Si parla tanto di smantellamento degli ospedali, definanziamento della sanità pubblica, la questione dell’emigrazione; e i progetti che si vedono per questo tipo di territori sono costruzione di radar militari, mega parchi eolici. Voi, da abitanti, come percepite il progetto per il vostro territorio e cosa ne pensate?

    Le isole minori siciliane dovrebbero essere dei laboratori sia per gli aspetti naturalistici sia per gli aspetti socio comunitari e culturali. Oltre a svilupparsi peculiarità a livello naturalistico, attività come la pesca, l’agricoltura c’è il rischio che scompaiano per sempre. Andrebbero invece potenziate, insieme a un certo tipo di turismo.

    I governi centrali invece hanno visto le isole come luoghi di reclusione e di confinamento politico, nel caso di Lampedusa per i migranti. Dall’altro lato le isole sono state viste come luoghi strategici dal punto di vista militare. Sono anni che osserviamo l’aumento dei dispositivi militari. Allo stesso tempo, però, c’è una grande assenza di investimenti in infrastrutture per la sanità, le scuole…

    Conosciamo il tipo di radar che vogliono costruire a Favignana. Credo che noi delle isole minori dobbiamo cominciare a dialogare per trovare una linea comune e una proposta per coordinarci. È normale che con le distanze diventi difficile unire le lotte e le prospettive, ma va fatto. La Sicilia deve essere isola di pace, non un’isola in cui le basi della NATO o di qualsiasi altro schieramento prendono il sopravvento su luoghi, come la sughereta di Niscemi, Lampedusa, Pantelleria, Lipari: luoghi di un’importanza naturalistica e paesaggistica unici al mondo. Credo che noi siciliani dovremmo fare una riflessione sul ruolo che la Sicilia ha avuto, sta avendo e avrà negli scenari di guerra internazionali. Spero e penso che la popolazione di Favignana riesca a opporsi, anche se so che è difficile opporsi alle questioni militari, e di cominciare un dialogo tra noi isolani.

    Come sta reagendo la comunità di Lampedusa alla vostra iniziativa e quali sono le prossime iniziative, assemblee e lavori che avete in programma?

    Dopo anni che lavoriamo sui temi citati e con l’aumento, purtroppo, dei tumori, la popolazione ha più coscienza delle problematiche. Ad oggi stiamo costituendo il Comitato in maniera formale: depositeremo a breve lo statuto, durante la prossima assemblea si svolgerà l’elezione del presidente e delle cariche del comitato per poter organizzare il direttivo.

    Stiamo strutturando in maniera più formale il Comitato anche in vista delle azioni legali che ci apprestiamo a fare: stiamo collaborando con un avvocato e un medico legale e stiamo valutando delle azioni che mirino alla bonifica del territorio e alla richiesta del risarcimento danni per i malati e per le famiglie dei morti di tumore. Dall’altro lato stiamo continuando a fare ricerca e a portare avanti questa raccolta dati dal basso, accompagnandola a una raccolta di informazioni, attraverso i canali e la discussione viso a viso che possiamo fare sull’isola.


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