• Rosa Donato, l’artigliera del popolo di Sicilia

    Rosa Donato, l’artigliera del popolo di Sicilia

    L’8 novembre 1867 moriva a Messina una delle donne più importanti ma meno note dell’Ottocento siciliano, la guerrigliera rivoluzionaria Rosa Donato, iconica figura della Rivoluzione indipendentista del 1848.

    Nata nella città dello Stretto nel 1808, figlia di una famiglia di modestissime condizioni sociali, Rosa Russo (Donato è il cognome che acquisirà con il matrimonio) crebbe in un contesto di forte trasformazione sociale e politica, segnato da eventi di grande rilievo come la promulgazione della Costituzione Siciliana del 1812, l’annessione del Regno di Sicilia ai domini napolitani dei Borbone nel 1816 fino ad arrivare al primo moto indipendentista scoppiato nell’isola nel biennio 1820-21.

    Nel suo saggio celebrativo pubblicato nel 1893 e intitolato “Antonio Lanzetta e Rosa Donato nella rivoluzione del 1848 in Messina”, lo storico Francesco Guardione sottolineerà come «gli avvenimenti arditi e terribili» della rivolta messinese della primavera 1821, uniti alla condanna a morte nel 1823 di un manipolo di rivoluzionari ad opera del governo borbonico, abbiano sicuramente lasciato un segno nella memoria dell’ancora giovanissima popolana, animata – secondo Guardione – di un precoce «sacro affetto verso la patria», seppur privo di una colta coscienza politica.

    Sposata allo stalliere Gaetano Donato, da cui prese il cognome, Rosa rimarrà vedova in età ancora giovane e – complice anche la morte dei genitori – si procurerà da vivere con lavori umilissimi come quello di tosatrice di cani. Pressocché sola al mondo, negli anni che precorsero la rivoluzione del ’48 la futura eroina assisterà ad esempi di soprusi e malgoverno, e non ultimo al tragico evento dell’epidemia di colera del 1837.

    Il momento di Rosa Donato, ribelle e guerrigliera, verrà nel fatale 1848, dopo lo scoppio della rivoluzione indipendentista a Palermo ed il suo dilagare nel resto della Sicilia, Messina compresa. Proprio qui, nella città dello Stretto, ben presto divenuta principale campo di battaglia tra gli insorti siciliani e le truppe borboniche, la Donato si trasformerà da umile tosatrice di cani a guerrigliera capace di emulare le eroine messinesi del 1282, Dina e Clarenza, «le Amazzoni più rinomate nella guerra del Vespro» come sottolineerà poeticamente Guardione.

    Vestita in abiti maschili, capace di impossessarsi di un cannone borbonico proprio nei giorni immediatamente successivi all’esplosione del fuoco rivoluzionario a Messina, la Donato sarà protagonista di numerosi e memorabili scontri contro l’armata occupante. Per i suoi meriti le verrà affidata la direzione di una batteria di sei cannoni, che darà estremo filo da torcere ai borbonici nei mesi che vanno dal febbraio ‘48 al settembre seguente.

    A inizio settembre l’assedio borbonico di Messina entrerà nella sua fase più cruenta e decisiva. Penalizzati da numeri impari e da raffiche di tremendi bombardamenti, i rivoluzionari siciliani di Messina si troveranno costretti, dopo una resistenza forte e ammirevole, a vedere la loro città nuovamente conquistata dall’esercito di Ferdinando II. La stessa Rosa fu tra i combattenti che fino all’ultimo lottarono per difendere Messina. Fingendosi morta, la Donato riuscirà a scampare alla rappresaglia borbonica e, insieme ad altri compagni, a rifugiarsi a Palermo, città ancora in mano ai rivoluzionari. Nella capitale Rosa Donato continuerà a distinguersi, venendo posta al comando di due pezzi d’artiglieria e ricevendo una pubblica lode da parte del governo provvisorio.

    Caduta Palermo il 15 maggio 1849, cessava di esistere l’ultimo esempio storico di stato di Sicilia indipendente. Per i rivoluzionari rimasti in Sicilia come Rosa si apriva la porta della tortura e della prigionia. Incarcerata per oltre un anno nella roccaforte borbonica della Cittadella di Messina, dopo la scarcerazione Rosa Donato visse di stenti, andando avanti chiedendo l’elemosina dinanzi all’ingresso dell’università peloritana. Oggetto di stima e ammirazione da parte di molti, malgrado la terribile condizione sociale a cui era costretta, Rosa Donato continuò a rappresentare un simbolo ideale di lotta e amore per la Sicilia.

    Dopo l’unità d’Italia, complice la necessità di riassorbire il patriottismo siciliano del ’48 nella più amplia narrazione risorgimentale italiana, a Rosa fu riconosciuto un piccolo e insufficiente vitalizio, di cui beneficerà fino alla morte avvenuta l’8 novembre 1867, all’età di 59 anni.

    A Messina la ricorda in particolare un’epigrafe non lontana dal Duomo, con incise le parole del letterato Virgilio Saccà: «Dina e Clarenza, le eroine della guerra del Vespro, ebbero nel 1848, su questa via e al forte dei Pizzillari, emula gloriosa, l’artigliera del popolo, Rosa Donato».

    Vicende umane come quella di Rosa Donato, al pari delle antiche gesta delle concittadine Dina e Clarenza, testimoniano di che profondo coraggio siano capaci le donne di Sicilia, quelle stesse donne cantate da Giuseppina Turrisi Colonna alla vigilia della rivoluzione che vedrà nell’artigliera del popolo una delle sue più straordinarie protagoniste.


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