Questa mattina alcuni agricoltori siciliani spontaneamente organizzati, si sono dati appuntamento a Modica per iniziare una protesta contro il caroprezzi. In piazza hanno portato le bandiere della Sicilia: chiedono il sostegno di tutta la popolazione per salvaguardare una categoria senza la quale non si potrebbe andare avanti.
Abbiamo intervistato Michele Cosentino, produttore cereagricolo di Raddusa che sta organizzando e prendendo parte alla protesta.
Anche gli agricoltori scendono in piazza contro il caro prezzi. In che modo i rincari colpiscono la vostra categoria?
La motivazione della nostra protesta è legata soprattutto all’aumento del prezzo del gasolio agricolo. Le proteste stanno crescendo a macchia d’olio in tutta la Sicilia: in tre mesi c’è stato un aumento sproporzionato del prezzo del gasolio, che è arrivato a toccare un euro e 70, e sembra stare aumentando ancora. Questi aumenti non ce li sappiamo spiegare, non sappiamo a cosa siano dovuti. Mentre il prezzo del greggio cresce sempre di più, noi ci domandiamo chi è che specula sui siciliani. Chi vuole il nostro impoverimento?
Abbiamo iniziato questa protesta per chiedere alla Regione Siciliana di intervenire, spingendo per togliere le accise che vanno allo Stato. Ne abbiamo tantissime e molte risalgono a decenni fa. Chi lavora ancora oggi paga queste spese allo Stato, che d’altra parte però non salvaguarda i lavoratori quando vanno incontro ad aumenti così esponenziali.
Tra l’altro, il caroprezzi non è il nostro unico problema. Un’altra cosa che ci ha buttato proprio a terra è stato il maltempo. Questo inverno è iniziato con una serie di alluvioni che hanno allagato i terreni impedendo, in molti casi, la semina.
Io sono di Raddusa, ma oggi a Modica c’erano agricoltori di Mineo, Grammichele, Pozzallo, da tutto il ragusano. Io produco cereali, ma oggi in piazza c’erano esponenti di tanti settori agricoli, persino contoterzisti. Si stanno anche organizzando altri presidi a Gela, a Niscemi – un po’ in tutta la Sicilia. Noi non siamo sindacalizzati, non ci fidiamo dei sindacati che non ci tutelano e fanno solo gli interessi di altri – preferiamo organizzarci autonomamente.
Con questi prezzi diventa ancora più pesante la competizione con l’estero, soprattutto per quanto riguarda il grano. Che ci dici su questo?
Noi siamo i migliori produttori al mondo di grano, il nostro grano è quello veramente buono per la panificazione. Quello che si produce negli Stati nordeuropei, in Canada e in America, invece è trattato col glifosato, un erbicida che uccide tutti gli agenti infestanti ma che danneggia gravemente anche il grano. In più, il glifosato viene usato quando il grano è ancora tenero; in quel momento è molto proteico e per questo tutti acquistano il grano canadese perché ha tante proteine, fino al 22%. Mentre il nostro arriva massimo al 14%.
Così, vendendolo a prezzi bassi, la gente non si preoccupa di cosa c’è dentro, anche se il grano che produciamo qui a casa nostra è di gran lunga migliore. Tutti a esaltare il made in Italy, ma made in Italy cosa se poi per produrre si usano queste porcherie portate da fuori? Da noi nessuno penserebbe di fare un trattamento col glifosato sulla cariosside del grano. Nessuno, sia grano biologico o non biologico, perché non ce n’è di bisogno: le temperature che abbiamo qui in Sicilia non lo rendono necessario. Ma c’è di più. Pensate che questo è il periodo in cui si fanno le concimazioni sul grano. Andiamo a comprare il concime di copertura: gli anni passati costava 23, 25, massimo 40 euro. Quest’anno, tutti i rivenditori ci propongono prezzi superiori a 100 euro a quitale – alcuni ci dicono che non ci sono proprio scorte. Noi che produciamo fino a 5mila quintali di grano all’anno siamo nel panico.
Perché pensate che sia particolarmente importante salvaguardare l’agricoltura siciliana?
Ora voglio fare una riflessione. Se noi agricoltori smettiamo di produrre per altri, campiamo lo stesso. Siamo gente abituata a fare sacrifici, abbiamo gli animali; il grano per la nostra famiglia riusciremmo a produrlo comunque. Noi, alla fin fine, riusciremmo a campare. Ma il resto della popolazione? La nostra è una battaglia per salvaguardare tutto il popolo siciliano.
La situazione al momento è spaventosa. Tanti allevamenti stanno abbattendo animali per il caro mangimi – non trovano orzo, avena, mais. Sono obbligati ad abbattere gli animali e portarli al macello. Ma può essere che nessuno li salvaguarda? Dov’è lo Stato? Chi è che ha la colpa di tutto questo? Lo Stato? Le multinazionali? Chiediamo risposte al Presidente della Regione, siamo arrivati con le spalle al muro. Non sappiamo più se possiamo produrre, se possiamo portare a compimento la raccolta del grano, i pomodori, l’uva, perché impossibilitati da questi rincari repentini. È stata la pandemia? No. La guerra? Manco. Siamo agricoltori, non sciocchi. La guerra in Ucraina la si fa dal 2014.
Chiediamo a tutto il popolo di supportare la classe degli agricoltori. Se ci fermiamo noi è finita la vita.
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