• Pnrr: che fine hanno fatto i fondi che avrebbero salvato il divario territoriale?

    Pnrr: che fine hanno fatto i fondi che avrebbero salvato il divario territoriale?

    Il Governo centrale non sta rispettando quanto sancito nel 2021 in merito alla distribuzione dei fondi del Pnrr, cioè destinare il 40% delle risorse disponibili al Sud e alle Isole. Attraverso le richieste di modifiche del Pnrr presentato dal Governo Meloni al Consiglio UE, l’esecutivo conferma la linea di tutti coloro che l’hanno preceduto: aumentare le disuguaglianze interne allo Stato italiano,  camuffando con inutili scuse la diminuzione di investimenti in Sicilia.

    Modifiche al Pnrr? La scusa buona per spostare soldi al Nord

    Il vincolo fu introdotto durante il Governo Draghi, ormai due anni fa, in seguito alle proteste di Recovery Sud, l’associazione composta da più di 500 sindaci del Sud e delle Isole, nata in opposizione all’iniqua distribuzione iniziale del Pnrr, che vedeva gran parte delle risorse destinate al Nord Italia.

    In teoria, l’inserimento di questa misura avrebbe dovuto garantire ingenti somme al Sud Italia, alla Sicilia e alla Sardegna, da destinare in progetti strutturali in grado di ridurre la distanza dalle regioni più ricche dello Stato in termini di servizi, infrastrutture e opportunità di lavoro.
    Nei fatti, il Governo sta sfruttando le diverse modifiche in corso d’opera al Pnrr per spostare milioni su milioni verso il Nord, con buona pace degli sbandierati buoni propositi.

    In particolare, nel settore della digitalizzazione, uno dei più più finanziati dell’intero Recovery Plan (48 miliardi di euro, il 21% del totale dei fondi), alle regioni del Sud e delle Isole alla fine verranno destinate soltanto il 35,8% delle risorse. Una brusca marcia indietro rispetto a quanto previsto fino a poche settimane fa.

    Tagli e solite vittime

    Si tratta dell’ennesima modifica al Pnrr mirata allo spostamento di risorse dalle aree più povere verso i centri produttivi dello Stato, colpendo in particolare la Sicilia, che già due mesi fa si è vista tagliare 1,5 miliardi di euro, di cui 400 milioni sottratti solo dalla voce di spesa destinata al contrasto dell’emarginazione sociale.

    La consistente sottrazione di fondi dalla nostra isola si inserisce all’interno di una macro proposta di revisione dell’agenda del Pnrr e di integrazione del capitolo RepowerEu, presentata dal Governo italiano a Bruxelles a fine agosto.
    Nello specifico, si richiede il definanziamento di 42.786 progetti, per un valore di 12,3 miliardi già stanziati, guardacaso, per opere in gran parte da realizzarsi sotto Roma (5,6 miliardi di euro).
    Il Governo sostiene che questi progetti – per i quali in molti casi erano già iniziati i lavori nei cantieri – saranno portati avanti attraverso lo stanziamento di risorse altre, sebbene non è affatto chiaro quando e se queste risorse arriveranno davvero.

    Appare chiaro che, nella visione di lungo periodo dello Stato, il modo più efficiente per gestire le risorse del Pnrr in una fase di grande confusione sul da farsi – in cui bisogna spendere i fondi entro il 2026 per evitare di rispedirli a Bruxelles – sia direzionarli in massa verso il Nord, mentre a noi, come al solito, toccherà arrangiarci come possiamo.
    Il Pnrr avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità di rilancio per regioni come la Sicilia, che viene da decenni di tagli in tutti i settori pubblici. Invece, si è ben presto trasformata nell’ennesima mangiatoia in favore delle aree più ricche, privandoci di investimenti che sarebbero stati vitali per la nostra terra.


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